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XVII Secolo

SG Collezione Stampe / Secoli / XVII Secolo

Il barocco italiano

Si ritiene che Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, sia stato tra i primi ad utilizzare il metodo di incisione all’acquaforte su lastra di rame (già applicata prima di lui da Daniel Hopfer su matrice di ferro), tecnica principe di tutto il ‘600 barocco. Già prima della metà del ‘500 egli fu l’autore di pochissime incisioni all’acquaforte piene di grazia e di spontaneità. Agli inizi del XVII secolo lo seguirono, nell’applicazione di questa tecnica, oltre agli incisori della scuola di Fontainebleau in Francia, tra cui Antonio Fantuzzi da Trento e Lèon Davent, anche illustri artisti in Italia: Annibale e Ludovico Carracci, Federico Barocci, Guido Reni, Josè de Ribera e più tardi Salvator Rosa. Oltre ai pittori-incisori (peintre graveur) ci hanno lasciato stupende acqueforti ineguagliabili per abilità tecnica e fantasia dei soggetti anche alcuni incisori ‘puri’ quali Jacques Callot, francese di nascita ma attivo soprattutto a Firenze e a Roma e Stefano della Bella, nativo di Firenze ma attivo per un lungo periodo anche a Parigi. Quest’ultimo è ritenuto dagli studiosi il più rappresentativo e fecondo incisore italiano del XVII secolo. Abile disegnatore spazia nelle sue opere dalle vedute marine agli spettacoli e alle feste della corte medicea, dalle scene di caccia alle decorazioni grottesche.
Piene di contrasti, ricche di sentimento e di luminosità sono le acqueforti di Castiglione Genovese, detto il ‘Grechetto’, forse l’incisore più dotato e più personale di tutto il seicento italiano. Ispirato dall’opera di Rembrandt (così come Rembrandt è stato influenzato dalle acqueforti del Castiglione) egli ha trattato i temi più disparati: rappresentazioni bibliche, paesaggi, animali, ritratti all’orientale e soprattutto capricci di fantasia, che verranno ripresi nel settecento nelle opere dei Tiepolo.
Tutta la leggerezza e l’ariosità dello stile grafico del periodo barocco si possono ammirare nelle stupende incisioni di Simone Cantarini, il’Pesarese’. Cresciuto artisticamente a Bologna, alla scuola di Guido Reni, egli ha saputo sviluppare un linguaggio tecnico personalissimo, caratterizzato da semplicità della composizione e immediatezza di espressione. La riproposizione di temi classici si realizza a Roma con le acqueforti del raffinatissimo e ‘immaginoso’ Pietro Testa, il ‘Lucchesino’. Nella sua opera, di elevata qualità tecnica e compositiva, si respira il fascino della cultura classica già ripresa a Roma nei dipinti di Poussin. A Napoli la stampa di ‘invenzione’ raggiunge livelli altissimi basti pensare al caso eccezionale di Salvator Rosa per il quale la tecnica dell’acquaforte diviene il mezzo preferito di espressione artistica. Protagonista indiscusso dell’incisione napoletana del ‘600 egli è indubbiamente tra i peintre-graveur più importanti e più imitati di ogni tempo.

Il seicento olandese

Anche in Olanda il seicento è il secolo dell’acquaforte. Con il diffondersi della tecnica dell’acquaforte l’incisione a bulino perde di interesse poiché, sulla linea indicata da Goltzius, viene rivolta essenzialmente alle opere di ‘riproduzione’. Grande pittore, Harmensz van Rijn Rembrandt è ancora più apprezzato come incisore, maestro ineguagliabile nell’uso dell’acquaforte mirabilmente integrata dal bulino e soprattutto dalla puntasecca. Attraverso la produzione di circa 400 lastre egli crea un nuovo linguaggio grafico capace di arrivare ad una perfezione tecnica e ad una potenza espressiva mai raggiunte prima e dopo di lui. La sua abilità tecnica gli permette di combinare in maniera armonica le diverse tecniche calcografiche creando capolavori ineguagliabili. Le acqueforti di Rembrandt conservano la vitalità dello schizzo e, in quanto tali, quel fascino particolare dell’incompiuto grafico. La luce ha una funzione preminente nelle sue opere, penetra chiara nei neri brillanti e vellutati dando diverse tonalità alle ombre e creando, intorno alle figure, straordinarie suggestioni. In molte sue opere la luminosità che nasce dal buio ( si osservino soprattutto ‘L’adorazione dei pastori’ e la ‘Deposizione di Cristo’), crea un’atmosfera quasi soprannaturale, che trascende oltre il significato dell’immagine stessa facendo di Rembrandt ‘il maestro della luce’. Scrive Ferdinando Salamon :”Vi sono state nella storia dell’incisione altre grandi figure come Mantenga, Dürer, Goya; ma Rembrandt è unico, solitario e distante, senza possibilità di confronti, sopra tutti”. Rembrandt non ha avuto maestri, non ha mai fatto il viaggio in Italia, che al tempo era doveroso per ogni artista, non ha mai mostrato interesse per i modelli classici rinascimentali. Il vicino di casa, la sua terra, sua moglie Saskia, la Bibbia erano il suo mondo, tutto era vicino o intorno a lui. Mentre altri maestri dipingevano l’Olanda ricca, brillante e ordinata del ‘600 (ricordato nei Paesi Bassi come il secolo d’oro) egli ha saputo penetrare l’essenza delle cose, l’intimo degli uomini, cogliere l’attimo e l’eternità.
Anche il pittore Adriaen van Ostade si è dedicato all’acquaforte basandosi, nei suoi primi lavori, sugli esempi di Rembrandt e risentendo anche dell’influenza di Callot nell’incidere i pittoreschi interni e le scene di genere tratte dalla vita popolare e contadina. Egli si è distaccato dalla profondità delle opere di Rembrandt ma ha acquisito un’impronta del tutto personale per il particolare verismo delle sue acqueforti rendendolo uno dei più felici e briosi interpreti della vita quotidiana. Con lui si è iniziata una lunga tradizione di incisori delle scene di genere tanto viva in Olanda e rappresentata, in tono minore, da Cornelis Bega. Molto attiva è stata anche la schiera degli incisori paesaggisti e animalisti ben rappresentati dalle opere di Berchem, Visscher, Waterloo. Di quest’ultimo sono pregevolissime le acqueforti di ambientazione agreste e boschiva dove la vegetazione, resa con grande maestria, ha spesso il sopravvento sul resto della composizione.

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