Il nuovo secolo si apre con l’ampia raccolta delle incisioni di Luca Carlevaris: ‘Fabriche e vedute di Venetia disegnate, poste in prospettiva ed intagliate’. L’opera costituisce un modello insuperabile nella storia del vedutismo veneto e da essa attingeranno i maggiori pittori e incisori di vedute del settecento quali Marieschi, Bellotto, Visentini e Canaletto. Principale merito del Carlevaris è stato quello di aver reso la veduta urbana in maniera poetica. Essa infatti non è più soltanto una fedele riproduzione di architetture, di calli e canali, ma diviene luce, aria e atmosfera stessa dei luoghi. Nel solco del vedutismo tracciato da Carlevaris opera più tardi Michele Marieschi. Pittore e incisore di gusto artistico raffinato, imposta le sue acqueforti su diagonali convergenti in uno sfondo lontano ottenendo uno stupendo effetto scenografico. Come Marieschi anche Antonio Canal detto ‘il Canaletto’ inizia la sua attività come scenografo e pittore prima di dedicarsi all’incisione. Egli esegue una serie di disegni di vedute di Venezia che vengono incisi, con tagli sottilissimi e fitti da Antonio Visentini, architetto e pittore, amico del Canaletto. Dopo questa esperienza egli elabora un modo personalissimo di incidere all’acquaforte con tratti paralleli che si infittiscono nelle zone d’ombra ma senza mai incrociarsi. Il risultato è una gamma infinita di neri, di grigi variamente sfumati e di luminosità abbaglianti con cui l’artista descrive i luoghi reali della città, della laguna del Brenta, di Padova e di vedute fantastiche. Intorno alla metà del secolo a Venezia emerge una nuova figura di primaria importanza nella storia dell’incisione: Giambattista Tiepolo. L’artista non si dedica al vedutismo, di gran voga in quel periodo, ma sviluppa uno stile molto personale nell’incisione in cui le figure non hanno contorni definiti e dove predomina una inesauribile fantasia. Tra antiche rovine, vasi e bassorilievi si vedono astrologhi, vecchi filosofi, maghi, soldati, fauni, donne, gufi, serpenti, tutta una folla di figure che concorrono a rendere più misteriose le sue invenzioni fantastiche. L’opera grafica di Giambattista Tiepolo, seppur esigua per numero, non appare meno importante di quella pittorica. Sulle orme del padre anche il figlio Giandomenico si dedica all’incisione producendo stampe di altissima qualità artistica con la serie ‘Idee pittoresche sopra la Fuga in Egitto’ e quella delle ‘Teste di carattere’. Sfarzose, teatrali e tiepolesche le prime, mentre le seconde ricordano Castiglione Genovese nello stile e Rembrandt nell’ispirazione. Veneziano di nascita e di educazione artistica fu anche Giovan Battista Piranesi che lavorò quasi tutta la vita a Roma. Dal Tiepolo prese la luminosità, dal Canaletto le linee parallele dei suoi cieli, dal Callot e dal Castiglione le figure distribuite nei primi piani. Piranesi, architetto e archeologo, innalza, con le sue acqueforti di grande formato, il monumento alla magnificenza di Roma. Genio e altissima preparazione tecnica contraddistinguono l’immensa opera incisoria di questo artista, che per tutta la sua vita rende omaggio alla storia e alla gloria di Roma raccontando all’acquaforte le sue vestigia, le chiese, le piazze, i palazzi, gli archi e le colonne. Esegue le sue opere con la precisione del disegnatore e dell’architetto e con la fantasia del visionario che esprime ai massimi livelli nelle fantasie architettoniche, nei capricci e soprattutto nelle ‘Carceri d’invenzione’, ricche di elementi fantastici e di visioni surreali.
Invenzione, soggetti di fantasie irreali e raffigurazioni surreali pervadono quasi tutta l’opera grafica di un altro grande pittore-incisore: Francisco Goya. A cinquant’anni, deluso e quasi sordo, la stampa apre a Goya nuovi orizzonti. Senza alcun condizionamento da parte di un committente, l’opera grafica permette una maggiore libertà espressiva, così l’artista manifesterà tutta la sua ribellione alle ingiustizie sociali, ai canoni della tradizione artistica, alle convenzioni. Precorre i tempi; come tecnica usa l’acquatinta da poco scoperta e ne ottiene sorprendenti effetti tonali. Moderne sono le sue composizioni che non ricorrono più a simboli e allegorie, ma diretta è la critica pungente alla morale decadente del suo tempo e all’ordinamento sociale corrotto del suo paese. Nei ‘Capricci’ Goya dice il suo pensiero esprimendosi con una satira, a volte demoniaca, che non risparmia nessuno. “El sueño de la razon produce monstruos” ha un significato letterale oltre a quello dell’artista che dorme in preda a visoni e incubi. Il popolo bigotto, gli sciocchi e ambiziosi, i medici ignoranti e vanagloriosi, il matrimonio d’interesse, i preti golosi e beoni, le donne ingannatrici e ingannate, non sono che alcuni dei personaggi della commedia umana narrata nei ‘Capricci’ di Goya. L’ignoranza popolare, spesso intrisa di superstizione, viene irrisa da Goya in molte tavole dei Capricci, così come la crudeltà dei conflitti armati diffonde ed emerge nelle tavole delle Miserie della guerra, mentre la vena surrealista del maestro si estrinseca nelle composizioni visionarie dei Proverbi.