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XVI Secolo

SG Collezione Stampe / Secoli / XVI Secolo

Luca di Leida e l’incisione Olandese e Fiamminga nel ‘500

Pressocchè coevo del Dürer anche Luca di Leida trovava nell’incisione, più ancora che nella pittura, la miglior forma espressiva del proprio genio artistico. Le sue stampe si diffusero ben oltre i confini dell’Olanda e divennero modello e fonte di ispirazione per altri artisti. Dell’ampio mercato e dell’apprezzamento che esse ottennero ci offre testimonianza una lettera del 1520 che Johann Cochleaus, teologo anti luterano, scrisse all’amico di Dürer Willibald Pirckheimer, nella quale si asseriva che alla Fiera di Francoforte le stampe del giovane Luca erano ancor più richieste e più vendute di quelle dello stesso Dürer. Nel 1521 l’incisore, divenuto ormai ricco e famoso, si allontanò da Leida per trasferirsi ad Anversa, importante centro di vita culturale in piena espansione economica e capace di richiamare artisti da tutte le parti d’Europa. Qui dà seguito alla sua attività di incisore producendo opere raffinate nelle quali con grande maestria fonde la tecnica del bulino con quella dell’acquaforte, come nessuno prima di lui era stato capace di fare. Oltre all’influenza di Dürer egli risente nelle sue composizioni anche quella di artisti italiani che aveva imparato a conoscere soprattutto attraverso lo studio delle stampe di Marcantonio Raimondi e degli incisori attivi alla sua scuola. Nel 1521 si è incontrato ad Anversa con Albrecht Dürer verso il quale nutriva la più profonda ammirazione e i due artisti, che si stimavano reciprocamente, si sono scambiati in quell’occasione diverse stampe. Come riportato nel 1604 da Karel van Mander nel suo “Libro della pittura”, all’età di trentatre anni Luca di Leida, desideroso di conoscere gli artisti del Brabante, della Zelanda e delle Fiandre, attrezzò un battello di tutto il necessario per un lungo viaggio, come fosse un grande personaggio. Presto, lungo il percorso per le vie d’acqua, incontrò il famoso pittore Jan Gossaert, detto il Mabuse, che lo accompagnò per il resto del viaggio. I due gareggiavano in prodigalità e sfarzo ospitando in suntuosi banchetti gli artisti delle città che incontravano lungo il loro itinerario. Da questo viaggio Luca tornò ad Anversa malato e non guarì più. La sua attività artistica ne patì, tanto che negli ultimi anni, consumato dalla febbre cessò del tutto, ma le sua stampe, per molto tempo anche dopo la sua morte, erano molto ricercate. Diversi artisti del nord Europa sono stati profondamente influenzati dal suo genio, da Dirk Vellert (Maestro della Stella), a Frans Crabbe, allo stesso Mabuse. Per tutto il ‘500 Luca di Leida ha rappresentato un riferimento imprescindibile per tutta l’opera grafica dei Maestri incisori fiamminghi, olandesi e del nord della Germania.

Sviluppo e diffusione dell’incisione in Italia

Nei paesi nordici la raffigurazione a stampa ha rappresentato uno dei principali momenti di sviluppo dell’arte figurativa, inizialmente per mezzo di intagliatori artigiani con opere semplici di ispirazione gotica, ma presto valorizzata dalle composizioni più complesse e raffinate dei principali artisti tra il XV e il XVI secolo: da Shongauer a Durer, da Cranach a Luca di Leida, da Holbein a Bruegel. In Italia, invece, all’incisione non venne attribuita una valenza di espressione artistica importante e originale come avveniva a nord delle Alpi e i grandi maestri del tempo rimanevano rivolti alla pittura come forma d’arte somma. La stampa era considerata sostanzialmente un mezzo utile attraverso cui far conoscere le proprie creazioni. Fanno eccezione i fogli di alcuni grandi artisti oggi definiti ‘primitivi’ attivi verso la seconda metà del ‘400 fino ai primi decenni del ‘500 che ci hanno lasciato meravigliose opere calcografiche. A Firenze Maso Finiguerra (1426 -1464) ha inciso le serie mirabili dei ‘Pianeti’, dei ‘Profeti’ e delle ‘Sibille’, mentre di Antonio Pollaiuolo (1432 – 1498) è la celebre ‘Battaglia degli uomini nudi’, capolavoro traboccante di forza espressiva in cui si riprende il tema classico del nudo maschile in combattimento, una delle più alte opere dell’arte grafica, che ha influenzato molti artisti fino ai giorni nostri. La suggestione fiorentina si estende fino all’area padano-veneta e le innovazioni grafiche del Pollaiuolo fanno presa sul giovane Andrea Mantegna (1431 – 1506) che attraverso poche opere, ma di straordinaria qualità tecnica e compositiva, ha saputo offrire un contributo eccezionale all’arte della stampa. Accanto alla figura centrale di Mantegna si sono affiancati diversi incisori (Zoan Andrea, Giovanni Antonio da Brescia, Nicoletto da Modena, Maestro IB), che ispirati prima dalle sue opere e poi da quelle di Durer hanno prodotto stampe certamente molto pregevoli seppure non all’altezza di quelle dei maestri.

La raffigurazione a stampa nasce quindi quasi contemporaneamente e in modo indipendente, seguendo percorsi e modelli diversi, in Germania e in Italia. Anello di congiunzione tra questi due mondi artistici rimane la figura di Durer, capace di dare con le sue invenzioni a stampa un impulso universale all’arte grafica, a nord e a sud.

Marcantonio Raimondi tra Bologna, Venezia e Roma

Intorno alla figura di Marcantonio Raimondi si è sviluppata nei primi decenni del XVI secolo la più importante scuola di incisione italiana del primo rinascimento. Egli era nato a Bologna intorno al 1480. Dopo aver iniziato la propria attività come niellatore, presto si è indirizzato verso l’incisione per la riproduzione a stampa. La prima formazione artistica del Raimondi ha avuto luogo a Bologna presso la bottega del pittore e orafo Francesco Francia intorno al 1504 e la sua prima incisione datata reca l’anno 1505. Le opere dei primi anni di attività, per la maggior parte ispirate alla mitologia, rivelano, nelle figure e nella composizione del paesaggio, l’influenza della grafica nordica. Trasferitosi a Venezia ha conosciuto e studiato le stampe di Dürer riproducendo, con la tecnica del bulino, diciassette delle venti xilografie della ‘Vita della Vergine’ del maestro tedesco Simili per dimensioni, stampate nello stesso verso e con il monogramma di Dürer le sue copie a bulino, così come le xilografie originali, erano molto richieste dai mercanti di stampe e dai collezionisti. A seguito dell’accusa di falso da parte dell’artista tedesco presso il senato di Venezia, fu deciso nel 1506 che sugli esemplari del Raimondi fosse aggiunta una numerazione così da poter essere facilmente distinti rispetto alle xilografie originali. Lo sforzo in cui Marcantonio dovette prodursi per imitare alla perfezione le tavole di Dürer contribuì notevolmente a fare di lui il più abile bulinista italiano del tempo. Durante il periodo veneziano le sue composizioni come ‘Il sogno di Raffaello’ e il ‘San Gerolamo’ hanno risentito dell’influenza delle opere del Giorgione. Nel 1509 si è trasferito a Roma facendo però tappa a Firenze dove ha disegnato, da un cartone perduto di Michelangelo per la ‘Battaglia di Cascina’, il soggetto degli ‘Arrampicatori’ che inciderà a bulino più tardi aggiungendovi un paesaggio di sfondo tratto da una stampa di Luca di Leida. Egli ha approfondito e studiato temi e soggetti diversi e la sua opera è divenuta via via più raffinata riuscendo persino a riprodurre il tono argentato delle incisioni del maestro di Leida. Intorno al 1510 ha raggiunto Roma dove è rimasto sino al sacco della città del 1527 ad opera delle truppe dei lanzichenecchi inviate dall’Imperatore Carlo V d’Asburgo. Proprio a Roma ha conosciuto Raffaello con il quale strinse un solido rapporto di collaborazione traducendo a stampa molti dei suoi disegni. Egli infatti si è affermato rapidamente come interprete del maestro di Urbino. Racconta il Vasari ‘Aveva Raffaello tenuto molt’anni a macinar colori un garzone chiamato il Baviera e, perché sapea pur qualche cosa, ordinò che Marcantonio intagliasse et il Baviera attendesse a stampare, per così finire, tutte le storie sue, vendendole, et ingrosso et a minuto, a chiunche ne volesse. E così messo mano all’opera stamparono una infinità di cose, che gli furono di grandissimo guadagno’. Tale fu il sodalizio tra Raffaello e Marcantonio che il maestro di Urbino inserì l’amico in una delle sue opere più celebri delle Logge Vaticane: La cacciata di Eliodoro dal tempio. Si ritiene infatti che il sediario in primo piano che sorregge il pontefice Giulio II sia proprio il Raimondi. Tuttavia, accanto alle incisioni dei soggetti disegnati dall’urbinate e dai suoi allievi come Giovan Francesco Penni e Giulio Romano, Marcantonio ha continuato a produrre stampe di propria invenzione e la sua influenza è rimasta determinante su tutta la produzione grafica del XVI secolo. A causa di incisioni licenziose tratte da disegni di Giulio Romano egli finì per qualche tempo in carcere. Nel 1515-1516 nelle opere di Marcantonio si osserva un maggior interesse verso gli effetti chiaroscurali delle composizioni. E’ possibile che questo cambiamento di stile fosse stato suggestionato dall’arrivo di Agostino Veneziano e di Marco Dente alla bottega del Baviera, con i quali si realizzò una forte collaborazione. La sua attività si è esaurita con il sacco di Roma durante il quale è stato costretto a lasciare tutti i suoi averi agli invasori per potersi salvare. Ritornato a Bologna ha trascorso in miseria gli ultimi anni della sua vita.

L’opera grafica dal tardo rinascimento verso il barocco

Con la fine del ‘400 la grande fase della incisione mediante la tecnica della xilografia va lentamente esaurendosi in concomitanza con il diffondersi della calcografia. Al di là delle Alpi sarà ancora il genio di Dürer a dare spazio a tutte le forme espressive del bulino in una lunga serie di capolavori dell’arte grafica del rinascimento tedesco. Altri artisti nordici quali ad esempio Luca di Leida perfezionano ulteriormente la tecnica del bulino attraverso la produzione di opere eccelse. Luca infatti è il primo artista fiammingo, in un paese in cui predomina la pittura, a comprendere la lezione di Dürer e a trasferire nell’incisione le più raffinate tonalità cromatiche. In Italia la tradizione veneta nella xilografia alla fine del quattrocento è mantenuta anche nell’incisione su rame che si espande nelle altre regioni del nord. Seppur limitate nel numero, splendide sono le stampe di Andrea Mantegna che incide come disegna, con ombreggiature e prospettive. Siamo ormai lontani dalle schematizzazioni delle primitive incisioni xilografiche e si comprende come il mezzo calcografico abbia dato alla stampa autonomia e originalità di espressione artistica. E’ attraverso la diffusione delle stampe che la fama di molti artisti si propaga rapidamente da un paese all’altro. Del grande potere divulgativo dell’incisione si rende conto Tiziano che affida la riproduzione a stampa di molti suoi capolavori a maestri incisori come Jacopo Caraglio e Cornelis Cort. Si sviluppano rapidamente centri e scuole di incisione attraverso cui si formano e si affermano numerosi artisti. Attorno alla figura di Marcantonio Raimondi, attivo dapprima a Venezia e successivamente a Roma, ha operato una schiera di maestri incisori molto abili tra cui Agostino de Musi (Agostino Veneziano), Marco Dente e Nicola Beatricetto che ci hanno lasciato un gran numero di incisioni derivate in prevalenza da soggetti di Raffaello. Quest’ultimo, avendo compreso l’importanza della stampa per la diffusione dei propri modelli e delle proprie opere, non di rado eseguiva disegni per la bottega del Raimondi affinché venissero riprodotti sulla lastra. Dopo Mantenga, Mantova è ritornata ad essere uno dei centri più importanti nel campo dell’incisione sia per l’opera di Gian Battista Scultori (detto il Semoleo) e dei suoi figli Adamo e Diana sia soprattutto per quella di Giorgio Ghisi (detto il Mantovano). Nella seconda metà del ‘500 a Bologna, nel solco della tradizione instaurata dal Raimondi, emerge nell’arte del bulino Agostino Carracci. Egli migliora ulteriormente la tecnica creando un tessuto di segni incrociati che si infittiscono nelle zone più scure senza perdere tuttavia di luminosità. In campo Europeo l’arte del bulino si sviluppa nella prima metà del ‘500 ad Anversa presso la bottega di Bruegel ‘il Vecchio’ e successivamente in Olanda ad opera di Hendrick Goltzius e della sua scuola e, ormai agli inizi del XVII secolo, presso la bottega di Rubens dove molti soggetti del Maestro erano tradotti stampa da valenti incisori quali Lucas Vosterman e Adams Bolswert.

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